Il biochar può salvare l’agricoltura

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Si decompone in maniera più lenta rispetto delle biomasse
Si potrebbe perdere il 10% della produzione agricola mondiale entro il 2050 a causa di alluvioni e siccità che stanno aumentando l’erosione del suolo: lo sostiene l’Organizzazione per il cibo e l’agricoltura (Fao) della Nazioni Unite.

Per alleviare questi cambiamenti ed evitare che l’insicurezza alimentare peggiori, le Nazioni Unite comunicano che sarà necessario non solo diminuire le emissioni di gas serra, ma anche eliminare quelle che sono le tonnellate già presenti nell’aria. C’è una tecnologia che è capace di entrambe le cose, il suo nome è biochar e trae ispirazione da una sostanza usata secoli fa in Amazzonia.

Cos’è il biochar?
È la reinterpretazione “sintetica” di quel materiale carbonioso che le popolazioni amazzoniche usavano per dare fertilità al suolo della foresta, che di suo è troppo acido ed inadatto alla coltivazione. La cosiddetta terra preta de índio (“terra nera”, per il suo colore scuro) era composta da cabone, scarti animali e pezzi di ceramica e creava un terriccio poroso trattenente acqua e nutrienti.

Il biochar viene prodotto tramite un processo di pirolisi nel quale le biomasse vegetali vengono riscaldate in deficit di ossigeno. Quello che viene fuori è un materiale solido, accompagnato da biocombustibili liquidi e gassosi indirizzabili alla generazione energetica. Si pensa che il biochar abbia il potenziale per sequestrare fino a due miliardi di tonnellate di anidride carbonica all’anno entro il 2050, una quantità all’incirca equivalente a quella emessa dall’India.

Il carbonio che è presente al suo interno ci rimane per molto tempo perché il biochar si decompone in maniera più lenta rispetto delle biomasse. Oltre a stoccare la CO2, se interrato questo agisce da ammendante del suolo assorbendo l’acqua come una spugna e trattenendo sia elementi utili alla crescita delle piante (l’azoto e il fosforo) che gas serra dannosi per l’atmosfera.

Il biochar non è però molto usato dagli agicoltori perché è un prodotto che costa troppo (circa 10 volte di più dei classici ammendanti). La sua produzione è molto limitata ma sta crescendo. Per aumentare anche la domanda, il dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti ha stanziato degli incentivi per i coltivatori, mentre l’Unione europea l’ha inserito nella lista delle sostanze ammesse nei fertilizzanti.

di: Alice GEMMA

FOTO: SHUTTERSTOCK

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