Metaponto-Portici, la sfida dei mini depuratori Eni-Cnr nel riutilizzo …

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Icambiamenti climatici producono effetti severi sulle colture. Le piogge torrenziali di primavera 2023 hanno devastato i frutteti e distrutto parte del raccolto in Romagna, quelle di autunno hanno annientato i vivai del pistoiese. E questi sono esempi recenti. Nella Penisola, la siccità è sempre più frequente e di lunga durata con fenomeni crescenti di desertificazione al Sud. In questo scenario, l’acqua per uso agricolo e per uso domestico sta diventando un bene sempre più prezioso. Quella dolce è infatti la chiave per lo sviluppo dell’agricoltura e per la sicurezza alimentare globale. Sul rischio idrico, si stanno concentrando i centri di ricerca Eni-Cnr di Metaponto (intitolato a Ipazia d’Alessandria, scienziata e filosofa greca simbolo della libertà di pensiero) e di Portici (intitolato al climatologo Giampiero Maracchi).

Il centro Eni-Cnr lucano lavora, con l’omologo campano, per creare soluzioni da usare nei depuratori. Pronto prototipo per piccoli Comuni Infrastrutture trasporabili e relativamente poco costose per acque civili ma anche di industrie agro-alimentari. «In soli due giorni, ogni cittadino produce una quantità di rifiuto liquido pari a un anno di rifiuto solido»
In entrambe le strutture stanno studiando nuovi trattamenti e impianti per l’utilizzo delle acque reflue, non più considerate uno scarto. «Il loro riuso contribuisce a ridurre l’immissione di inquinanti nei corpi idrici e prevede un bilancio positivo in termini di CO2 e somma di gas-serra», dice Mauro Centritto, responsabile del centro di Metaponto (con sede presso l’Agenzia Lucana di Sviluppo e di Innovazione in Agricoltura, Alsia). «Al rifiuto acqua è necessario applicare lo stesso concetto usato per i rifiuti solidi: si parte dal ricircolo con recupero delle risorse contenute e ancora utili ». Differenze? Decisamente quantitative. «I rifiuti solidi urbani ammontano a circa 1,5 chilogrammi al giorno pro-capite, contro circa 250 chilogrammi al giorno di refluo urbano pro-capite», spiega entritto. In pratica, in soli due giorni, ogni cittadino produce una quantità di rifiuto liquido pari a un anno di rifiuto solido.

Acqua dolce, risorse non convenzionali ‘ricondizionate’
«Le acque reflue urbane costituiscono un’importantissima risorsa di acqua dolce non convenzionale», spiega Centritto, evidenziando alcune vantaggiose peculiarità: la scarsa competizione per il loro utilizzo e un flusso costante nell’arco dell’anno. Quindi? «Costituiscono una risposta efficace allo stress idrico nelle aree aride e semi-aride del Mediterraneo». Nel centro Eni-Cnr di Metaponto sono stati messi a punto dei prototipi pensati per essere utilizzati nei depuratori delle piccole municipalità. «Infrastrutture trasportabili e relativamente poco costose per cittadine con 10-15mila abitanti. Trattano le acque reflue civili e, in casi specifici, quelle delle industrie agro-alimentari. In fase di costruzione, grazie a un accordo con l’Assessorato all’Ambiente della Regione Basilicata e con Acquedott Lucano, i primi impianti saranno installati nel depuratore di Ferrandina dove è già attivo un impianto progettato dalla Scuola di Ingegneria della Università degli Studi della Basilicata».

Recuperano anche azoto, fosforo e carbonio organico
I prototipi del centro Eni-Cnr di Metaponto recuperano anche azoto, fosforo e carbonio organico, utili per un uso agricolo. «Questi prototipi sono costituiti da una sezione biologica innovativa, in cui avverrà la depurazione vera e propria con la produzione di una ridotta quantità di fanghi e da un impianto di cavitazione idrodinamica», spiega Centritto. Le acque “ricondizionate” saranno poi testate con «una prova in campo su una coltura oleaginosa con l’obiettivo della bio-raffinazione. Verranno confrontati gli effetti prodotti dall’irrigazione con acque reflue depurate e con acque di sorgente».Nel centro di Metaponto sono stati testati ricino e cartamo potenzialmente utilizzabili per la produzione di bio-oli da destinare alla bio-raffinazione .
La forza delle radici di ricino
Nel centro di Portici, i ricercatori si sono concentrati sul ricino (pianta modello) e sul tabacco. «È stato valutato l’uso di acque provenienti dal processo Waste-to-fuel per finalità di ferti-irrigazione. In accoppiamento con ceppi batterici, si sono riscontrati effetti positivi sulla crescita e sulla produzione delle piante di entrambe le specie», dichiara Giorgio Matteucci, responsabile del centro. «Il ricino è stato testato anche in suoli degradati e inquinati da piombo e in terreni poveri, particolarmente sabbiosi, con verifica della resistenza alla salinità». Il risultato finale? Questa pianta è in grado di svilupparsi e produrre la stessa resa in semi sia in terreni contaminati sia non contaminati. Accumula inquinanti principalmente nelle radici e quindi può avere un ruolo interessante per la fitostabilizzazione. Il biochar Il centro di Portici collabora con il Dipartimento di Agraria dell’Università Federico II di Napoli e con l’Università dellaTuscia.

La risorsa ‘biochar’
Tra i progetti allo studio, il ruolo delle foreste nel ciclo del carbonio; l’adattabilità e la produzione di lignocellulosa in colture di graminacee. In corso, anche una ricerca sul biochar , un prodotto di origini rinnovabili che può essere applicato sia a terreni marginali, sia agricoli, aumentandone la fertilità e le capacità di trattenere l’acqua. «La ricerca è in collaborazione con la sede di San Michele all’Adige dell’Istituto per la BioEconomia del Cnr, dove è presente un impianto di pirogassificazione adatto alla produzione di questo prodotto», spiega Matteucci. Dunque, nei centri Eni-Cnr si stanno sviluppando studi che approfondiscono tematiche con ricadute immediate sull’ecosistema e sulla società e si stanno sviluppando tecnologie a basso water footprint per far fronte alle nuove sfide nel rapporto tra energia, acqua, cibo e ambiente.

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